In Francia nasce « Graines de Troc », ovvero come barattare semi sfidando l’industria

in Brevi

graines de troc

Il procedimento è semplice e si basa sull’utilizzo di una piattaforma partecipativa in cui le persone scambiano semi di chia, di rosa, di fagiolo e altro ancora. Per difendere la biodiversità in modo alternativo Sébastien Wittevert, il fondatore di « Graines de Troc », ha deciso tre anni fa di istituire questa piattaforma che registra oggi ben cinquemila barattatori, che si scambiano tremila varietà di semi. Il sistema però non consiste in un semplice scambio, ma incoraggia i suoi iscritti a diventare loro stessi produttori di semi per poterli poi barattare con altri.

Sébastien ha deciso così di abbandonare il settore della finanza, in cui lavorava, per cercare di partecipare alla transizione ecologica indispensabile che si sta sviluppando in questi anni. Il sistema di “Graines de Troc” incoraggia i suoi iscritti ad inviare in prima persona semi agli altri barattatori della piattaforma. Tutto si basa su una moneta virtuale: la prima è offerta, ma per averne altre è necessario spedire i propri semi. Dunque nessuno scambio di denaro, ma soltanto di semi, da un privato a un altro per riappropriarsi delle sementi sparite dal commercio. Con questo ingegnoso sistema Sébastien Wittevert ha evitato la triste sorte di “Kokopelli”, un’associazione a difesa delle varietà di sementi libere, la quale è stata condannata per commercio di varietà antiche non omologate al catalogo ufficiale. “Graines de Troc” però non si ferma qui, mette a disposizione dei suoi barattatori un forum dove poter scambiare anche il sapere, ovvero la tecnica del seminare, la cura contro gli insetti dannosi, le ricette per il prodotto coltivato. Come dichiara il suo fondatore, il sistema funziona alla perfezione: “Registriamo 600 scambi quotidiani” , dinamismo che “segna che sempre più persone si stanno convertendo alla semplice alternativa della disobbedienza civile”. Se il 75% del mercato mondiale delle sementi è controllato dalle multinazionali della biotecnologia agricola, come Monsanto, Pioneer, Bayer, Syngenta, una piccola fetta resta alla disobbedienza civile dei coltivatori amatori. Sembrerebbero allora loro i veri conservatori della biodiversità, dato che le grandi aziende producono soprattutto semi “ibridi F1”, che, nonostante non siano necessariamente modificati geneticamente, non sono utilizzabili per più di una stagione. La resistenza di questi coltivatori incontra comunque molte difficoltà, ad esempio, in Francia, patria dove sono state fondate “Kokopelli” e “Graines de Troc”, gli agricoltori possono registrare le loro sementi nel registro ufficiale delle specie e delle varietà, ma questo richiede sementi nuove, che diano vita a piante identiche e geneticamente stabili. Senza contare i diritti annuali, si parla di une media di cinquecento euro per ogni nuova iscrizione al registro nazionale: scelta dunque che si rivela ardua per i piccoli agricoltori. Ecco perché “Graines de troc” continua a lottare contro la standardizzazione delle sementi che, in un millennio, ha segnato la perdita di ben tre quarti delle specie vegetali (dato FAO).

Redazione Floraviva