Precious Okoyomon
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in Arte Verde
Un’artista americana con radici africane, protagonista della Biennale di Venezia 2022, le installazioni dai significati potenti e attuali di Precious Okoyomon.
Precious Okoyomon, una delle artiste più interessanti della Biennale di Venezia attualmente in corso, americana di origini nigeriane, è autrice di installazioni potenti. Precious trascorre a Lagos la sua prima infanzia, a 7 anni insieme alla madre si trasferisce negli Stati Uniti: prima a Houston poi in Ohio, per poi trasferirsi a Brooklyn, New York nel 2017, dopo aver studiato filosofia a Chicago.
Il suo lavoro tocca temi attuali, al centro del dibattito artistico culturale: l’identità nera, la connotazione razziale con cui abbiamo investito la natura, la sessualità queer, non binaria, non rigidamente corrispondente alle regole codificate, la corruzione e morte del corpo, delle piante, del mondo, il ciclo continuo di evoluzione e rinascita. Nel suo lavoro la tenerezza, il grazioso, il protettivo, s’incontrano con il caos e la corruzione del tempo. Il suo è un work in progress con elementi ricorrenti: la terra, il sole, le bambole di lana e argilla, gli orsi di pezza, gli alberi con i cappi utilizzati per il linciaggio dei neri ed esperimenti culinari pensati per sfidare i limiti della comfort zone, per “far cambiare il modo di pensare”, così spiazzanti per concezione e ingredienti da essere addirittura in grado di “decostruire la mascolinità tossica”, secondo l’attrice Indya Moore.
“Earthseed” è sicuramente uno dei lavori più impattanti di Okoyomon, presentato nel 2020 al MMK di Francoforte, protagonista il kudzo, una pianta giapponese trapiantata nel 1876 nel sud degli Stati Uniti d’America, al fine di ricompattare la terra erosa dalla coltura intensiva del cotone, praticata dagli schiavi deportati dall’Africa. Il kudzo, trapiantato in un altro clima, si è sviluppato in modo anomalo, al punto di soffocare e distruggere tutti gli altri vegetali presenti, arrivando a essere messo fuori legge in alcuni stati. La pianta è così diventata un simbolo del pericolo delle specie invasive, e una metafora dell’identità nera perché, come la pianta rimossa dal suo ambiente diventa un’entità mostruosa una volta trapiantata in America, lo schiavo africano impiegato nelle piantagioni diventa al tempo stesso indispensabile e inconciliabile con la società occidentale.
Per Precious che afferma “ho bisogno di stare nella spirale del caos per continuare a produrre nuova magia”, la pianta è anche un simbolo positivo della resilienza caotica della Natura.
Le opere di Precious sono sempre più apprezzate, riconosciute dal Frieze Artist Award del 2021, in mostra recentemente all’Aspen Art Museum (USA) e alla Fondazione Luma ad Arles (Francia).
Arte verde è una rubrica curata da Anne Claire Budin