Un albero per… Enrica Calabresi nel Giorno della Memoria

un albero per Enrica Calabresi - Ginkgo biloba
E’ un albero donato alla città del giglio dal Comitato pari opportunità dell’Ordine degli avvocati di Firenze quello su cui accendiamo i riflettori oggi. Si tratta di un Ginkgo biloba ed è stato piantato l’anno scorso in una piazza fiorentina, piazza d’Azeglio, per ricordare Enrica Calabresi, scienziata naturalista di origine ebraica che nel 1938, a causa delle leggi razziali fasciste, fu allontanata dall’insegnamento universitario perché «appartenente alla razza ebraica».
Giovedì 27 gennaio scorso, Giorno della Memoria 2022, si è tenuta una cerimonia di commemorazione della scienziata. «L’albero donato lo scorso anno – hanno detto gli assessori Cecilia Del Re (Ambiente) e Alessandro Martini (Cultura della memoria) - è qui a testimoniare la necessità di portare avanti con caparbietà la cultura della memoria, perché quella immane tragedia non si ripeta più. È un albero d’inciampo che sta crescendo in questo giardino così vissuto dai cittadini e dai bambini, che ci auguriamo cresca insieme alla memoria della storia di Enrica Calabresi». 
Sulla targa apposta in corrispondenza dell’albero si legge: «questo albero è dedicato ad Enrica Calabresi (Ferrara 1891-Firenze 1944), scienziata naturalista, docente universitaria, ebrea, vittima delle leggi razziali. Perché il ricordo della sua vita coraggiosa metta radici profonde, resti per sempre nella memoria di Firenze e sia di insegnamento alle giovani generazioni. Il Comitato Pari Opportunità delle Avvocate e degli Avvocati di Firenze nel marzo 2020».
Questa iniziativa, ha ricordato il Cpo dell’Ordine degli avvocati, mira a «perpetuare il ricordo della nostra concittadina, la cui brillante vita e carriera di scienziata, eccezionale in quell’epoca per una donna, è stata brutalmente interrotta a seguito della discriminazione razziale». Il Cpo ritiene molto appropriato dedicare ad Enrica Calabresi un albero, «sia per la sua esperienza di scienziata naturalista, zoologa ed entomologa, sia per la sua appartenenza alla cultura ebraica, per la quale piantare un albero è simbolo di pace, fratellanza ed amore verso la terra, rappresenta la continuità della vita ed è segno di ricordo verso i defunti».
Enrica Calabresi è vissuta a lungo a Firenze, dove è deceduta il 20 gennaio 1944. La sua biografia è particolarmente significativa: si è laureata giovanissima all’Università di Firenze in Scienze naturali, ha lavorato alla Specola, è stata docente sia all’Università di Firenze che all’Università di Pisa e segretaria della Società Entomologica Italiana. Dal 1939 al 1943 ha insegnato scienze nella Scuola ebraica di via Farini. Nel gennaio del 1944 è stata arrestata dai fascisti come ebrea nella sua abitazione fiorentina e portata nel carcere femminile di Santa Verdiana. Sapendo che da lì sarebbe stata deportata al lager di sterminio di Auschwitz, si è sottratta a questo tremendo destino con un veleno, che da tempo portava sempre con sé. A lei è stato intitolato il reparto di entomologia del Museo la Specola di Firenze. La sua coraggiosa e travagliata vita è stata raccontata nel libro Un nome di Paolo Ciampi, nello spettacolo teatrale Un nome nel vento e nel film documentario di Ornella Grassi Una donna. Poco più di un nome (Italia, 2019) che è stato insignito del premio Gilda, nell’ambito del Festival Internazionale di Cinema e Donne.
Ginkgo biloba è una specie di albero antichissima: «la sola specie vivente del gruppo delle Ginkgophyta e senza dubbio la pianta a semi più antica - come spiega la scheda dell’Orto Botanico di Padova -. Piante molto simili ad essa erano diffuse su tutte le terre emerse nel Giurassico e nel Cretaceo, ma poi andarono progressivamente scomparendo, tranne questo grande albero che Darwin definì “fossile vivente”». Comunemente chiamato ginco o ginkgo o albero di capelvenere, è originario della Cina e il suo nome di genere “Ginkgo” è probabilmente il frutto di una trascrizione sbagliata del giapponese ginkyō (albicocca d’argento), derivato dal cinese "yin xing" (yín = argento e xìng = albicocca) in quanto i semi a maturazione sembrano albicocche infarinate. Ma ormai Ginkgo è fissato dalle regole di nomenclatura. Il nome della specie (biloba) invece proviene dal latino bis e lobus e si riferisce ai due lobi delle foglie, a forma di ventaglio. 
Si tratta di un albero molto longevo e di grandi dimensioni, che raggiunge normalmente dai 20 ai 35 metri di altezza (ma alcuni arrivano a oltre 50 metri). Ha di solito radici profonde ed è resistente ai danni del vento e della neve. Da giovani sono alberi snelli e poco ramificati, ma la corona si amplia con l’invecchiamento. Sono molto diffusi in parchi e giardini e apprezzati per le foglie che, prima di cadere in autunno, assumono un bel colore dorato, e perché dimostrano una particolare resistenza alle malattie, agli attacchi di funghi e di organismi fitofagi, come pure all'inquinamento atmosferico. Si adattano quindi bene all’ambiente urbano e persino a spazi ristretti del suolo. Anche in città si ammalano raramente e sono attaccati da pochi insetti. Esempi estremi della loro resistenza sono i 6 alberi di Hiroshima, situati a 1/2 km dal punto di esplosione della bomba atomica nel 1945, che sono fra i pochi esseri viventi sopravvissuti ad essa e tuttora vivi. Vengono usati anche per creare cortine frangivento.
Gli alberi Ginkgo biloba sono stati a lungo coltivati in Cina e sono ancora diffusi nella parte meridionale del Paese, con alcuni esemplari di oltre 1500 anni. A causa del suo status nel buddismo e confucianesimo, l’albero Ginkgo biloba fu coltivato pure in Corea e Giappone a partire dal XIV secolo, in particolare nei giardini dei templi e dei luoghi di culto: era «venerato come "albero sacro" perché si riteneva proteggesse dai cattivi spiriti e perché rappresentava il simbolo della coincidenza tra gli opposti e dell'immutabilità delle cose» fa sapere la scheda dell’Orto botanico di Padova. Del resto, il simbolo di Tokyo è una foglia di ginkgo e il ginkgo è l’albero ufficiale della capitale giapponese. In Europa le coltivazioni risalgono a 300 anni fa, mentre negli Stati Uniti a 200 anni orsono. Il primo Ginkgo biloba importato nel Belpaese, nel 1750, pare essere proprio quello che si trova all’Orto Botanico di Padova.
Il Ginkgo biloba è molto studiato in campo medico per le sue proprietà benefiche. Sono «numerosi e scientificamente rilevanti», secondo Wikipedia Italia, «gli studi che attestano le molteplici proprietà terapeutiche e salutari degli estratti di Ginko biloba. Ciò ne ha promosso la riscoperta come integratore alimentare, tra i dieci maggiormente consumati nel mondo occidentale». «Le sue foglie – è illustrato nella scheda dell’Orto Botanico di Padova - contengono infatti numerosi flavonoidi e ginkgolidi (a struttura terpenica): sostanze utili per la prevenzione e la cura di patologie del microcircolo, soprattutto di natura aterosclerotica e sostenute da aumentata aggregabilità piastrinica. È inoltre utile nell'insufficienza cerebrovascolare con deficit cognitivo, oltre che nei disturbi auditivi e dell'equilibrio. Le sue numerose attività terapeutiche ne sconsigliano però l'uso per automedicazione: è indispensabile un controllo da parte del medico. Sono ancora da evitare associazioni con farmaci che modificano l'aggregazione piastrinica (per es. l'aspirina), per la possibilità di pericolose interazioni».
[Foto principale: ritaglio di foto by Famartin da Wikipedia, CC BY-SA 4.0]


L.S.