Colpizzi (AVITO) sulla filiera del vino toscana fra tensioni di mercato e cambiamento climatico
Le prospettive della filiera del vino toscana per Francesco Colpizzi (AVITO), intervenuto come esperto del comparto vitivinicolo alla tavola rotonda sullo sviluppo delle filiere della Conferenza regionale dell’agricoltura. Questioni sensibili: il quadro geopolitico che crea tensioni sui mercati internazionali (l’export vale il 70% del giro d’affari del settore in Toscana) e la gestione delle fasi di siccità (con più invasi). No ai vitigni resistenti, sì al miglioramento dei vitigni toscani. Tra le risposte agronomiche, vigneti meno densi e il ritorno al sovescio.
La via della viticoltura toscana verso la sostenibilità non passa dai nuovi vitigni resistenti resi possibili dagli sviluppi della genetica. Altro discorso la ricerca applicata sul materiale genetico dei vitigni toscani e di quelli internazionali coltivati da decenni in Toscana per renderli più adatti al cambiamento climatico: questa può essere utile.
È quanto sostenuto da Francesco Colpizzi, presidente dell’Unione provinciale degli agricoltori di Firenze (Confagricoltura), nel suo intervento di ieri alla tavola rotonda su “Le produzioni agricole della Toscana e lo sviluppo delle filiere” della Quarta Conferenza regionale dell’agricoltura, presso la Camera di commercio fiorentina, come membro di AVITO, Associazione Vini Toscani Dop e Igp, esperto della filiera vitivinicola.
Floraviva lo ha sentito subito dopo l’incontro per riprendere alcuni dei concetti da lui espressi nel suo intervento alla tavola rotonda e fare il punto della situazione nella filiera del vino toscana, fra nuove problematiche e opportunità.
Il fronte più delicato per Colpizzi è quello commerciale. «La filiera vitivinicola toscana – ci ha detto -, in questo periodo successivo al Covid e in tempi di guerra, vive dei momenti di tensione, perché tutte le dinamiche commerciali si scontrano con un quadro geopolitico mondiale che non agevola un comparto che vede nelle esportazioni circa il 70% della propria cifra di affari. Quindi sicuramente esiste un'attenzione che dobbiamo porre in maniera sempre più calibrata verso un riallineamento dei mercati».
«Da questo punto di vista – ha aggiunto Colpizzi, riferendosi a un tema emerso durante la Conferenza regionale (vedi) - le misure contenute dentro l’Organizzazione Comune di Mercato e perciò i fondi per la promozione nei Paesi Terzi rappresentano uno strumento utile, che tuttavia deve essere impiegato nel modo migliore, senza dispersione di risorse e centrando bene l’obiettivo che i consorzi e le aziende si pongono». A proposito di ciò e della leggera contrapposizione fra Governo, tendente a centralizzare la promozione, e Regione Toscana, che preferisce una gestione regionale, si è espresso in questi termini: «ogni regione e quindi ogni zona viticola del nostro Paese fa storia a sé. Quindi poter avere un dialogo con l’amministrazione regionale di riferimento secondo me rappresenta un contesto senza dubbio migliore rispetto a una centralizzazione». «Consideriamo – ha osservato - che siamo già a giugno e ancora il bando non è uscito per problemi rappresentati dal Ministero dell’agricoltura nei confronti delle Regioni all’interno della Conferenza Stato-Regioni: proprio ieri [ieri l’altro, ndr] pare che abbiano trovato un accordo. Ma è un accordo che non è migliorativo rispetto alla situazione antecedente».
Riguardo alle questioni legate a sostenibilità e cambiamento climatico e alla sua affermazione sull’inutilità in Toscana dei nuovi tipi di vitigni resistenti a certe fitopatie o alla siccità, frutto di nuove tecniche genetiche, ha sottolineato che «noi viviamo e lavoriamo in una zona, la Toscana, che dal punto di vista del clima è straordinaria. Per cui, certo, il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti, tuttavia le condizioni di coltivazione della vite in Toscana sono infinitamente migliori rispetto ad altre regioni di Italia». «La superficie complessiva della Regione Toscana – ha spiegato Colpizzi - è di circa 23 milioni di km quadrati, di questi solo 60 mila ettari sono interessati dalla coltivazione della vite. Vale a dire non più del 2,5%. E questi vigneti non si presentano in maniera estensiva in zone a vigneti o a seminativo o a olivo o a bosco, come invece succede in altre regioni d’Italia». Da noi le colture e i boschi si alternano e la superficie forestale è a circa 11 milioni di km quadrati su un totale di 23 milioni e quindi la parte preponderante della Toscana. E sappiamo che «il bosco rappresenta un elemento che contrasta tutti i fenomeni climalteranti».
«Tutto questo – ha detto Colpizzi - permette di mitigare gli effetti, importanti, in termini di stress idrico e di stress termico nei confronti della coltivazione della vite. Quindi, lavorando sui nostri vitigni che da sempre concorrono alla produzione dei grandi vini toscani (quindi Sangiovese, Canaiolo, Malvasia, Vernaccia, Vermentini, Colorino, Mammolo ecc.) e anche sui vitigni internazionali, cioè lavorando sul miglioramento delle attitudini alla resistenza di questi vitigni, possiamo gestire bene il presente e preparare nel modo migliore il futuro della nostra viticoltura in questa regione, che, ripeto, è straordinaria da questo punto di vista».
E a livello di pratiche agronomiche come si sta affrontando il futuro e il cambiamento climatico fra i viticoltori toscani? «Sicuramente stiamo ripensando la densità di ceppi a ettaro, a unità di superficie – ha risposto Francesco Colpizzi -. Quindi, rispetto agli anni ’90 e ai primi anni 2000 con numeri di barbatelle di viti per ettaro superiori, oggi probabilmente un sesto di impianto più largo fa sì che la carenza potenziale di precipitazioni possa avere un impatto minore, in termini non solo di evaporazione dal terreno ma anche di traspirazione da tutta la parete dei filari e la parete fogliare». «Inoltre – ha aggiunto - un importante ritorno a pratiche agronomiche quale il sovescio [interramento di piante o di parti di piante allo stato fresco per arricchire il terreno di sostanze concimanti, ndr] al posto di concimazioni e fertilizzazioni di altro tipo».
Colpizzi ha concluso l’elenco delle priorità richiamando l’esigenza di «lavorare per rimettere in funzione tutti i bacini artificiali e laghetti esistenti, e snellire tutta quella che è la burocrazia per la costruzione di nuovi invasi. E mi sembra che l’amministrazione regionale da questo punto di vista abbia intrapreso la strada giusta, per far sì che si possano creare dei sistemi di irrigazione a micro portata localizzata che, ove necessario, possano sopperire alla carenza di acqua».
L.S.