Brexit e filiera del fiore in UK, fra dominio olandese e riscatto dei floricoltori inglesi

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Il commercio del fiore reciso in Gran Bretagna nella cornice di Brexit: vendite in aumento e trend dei fiori stagionali. FloraHolland: grandi opportunità per i fiori olandesi esclusivi. Ma i floricoltori e alcuni fioristi britannici chiedono etichette con la provenienza e promuovono l’acquisto di fiori locali non arrivati tramite anti-ecologici voli aerei.

E’ ancora troppo presto per valutare gli effetti di Brexit sull’agricoltura e in particolare sulla filiera florovivaistica europea. Come ha ricordato recentemente il Commissario per l’agricoltura Phil Hogan in un’intervista su Dimensione Agricoltura di maggio, le negoziazioni sulle modalità dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea (Ue) andranno avanti per un bel pezzo e conterà molto l’ammontare dei finanziamenti che saranno messi a disposizione con la nuova Politica agricola comunitaria (Pac), che a sua volta dipenderà dal quadro finanziario pluriennale dell’Ue. Le tensioni e divergenze che si sono manifestate anche al G7 di Taormina, in primis fra Europa e Stati Uniti, ma pure fra alcuni Paesi europei fanno aumentare le incertezze.
Alcuni segnali sulla filiera del florovivaismo britannico e in particolare sul fiore reciso inglese sono emersi tuttavia nelle ultime settimane, alla vigilia del RHS Chelsea Flower Show, che si è tenuto la settimana scorsa dal 23 al 27 maggio. Due trend si sono manifestati con una certa chiarezza: l’aumento delle vendite di fiori e la buona salute generale della filiera floricola nel Regno Unito (UK); l’avvio di una tendenza e crescita di interesse verso i fiori stagionali. Constatazioni che accomunano le recenti prese di posizione, per altri versi molto distanti e comunque inconfrontabili, di Royal FloraHolland in un comunicato stampa del 17 maggio, e di alcuni esponenti della filiera del fiore britannica, dalla consulente di comparto dell’Associazione nazionale degli agricoltori britannici (National Farmers’ Union) al fiorista dei palazzi della Regina d’Inghilterra, in un articolo del 21 maggio sul giornale The Guardian. L’effetto che fa la lettura in successione del comunicato della cooperativa olandese leader del commercio di fiori mondiale, prima, e dell’articolo sulle rivendicazioni e sullo scatto d’orgoglio dei floricoltori inglesi, poi, è quello di un botta e risposta in cui all’ottimismo orange sulla capacità di continuare a fare business as usual in Gran Bretagna viene contrapposta una volontà di reazione allo strapotere olandese del Made in Britain floricolo, intenzionato a riprendersi un po’ delle quote di mercato perse negli ultimi 35 anni. Visto che dal 1988 al 2015, secondo The Guardian, mentre le vendite di fiori recisi prodotti in Gran Bretagna sono passate da un valore totale di 79 milioni di sterline a 82 milioni di sterline annue, nello stesso periodo il valore delle importazioni di fiori dall’estero (in buona sostanza dall’Olanda) è salito da 120 a 666 milioni di sterline annue. Col risultato che adesso circa il 90% dei fiori acquistati in Gran Bretagna, presso i fioristi o i supermercati, non è made in Britain, ma in larga misura prodotto in serre olandesi oppure in vivai africani o sudamericani e importati via Olanda.
Nel comunicato di Royal FloraHolland del 17 maggio, scritto in seguito a una visita in Inghilterra e intitolato “Nonostante l’incertezza relativa a Brexit, nel Regno Unito aumentano le vendite di fiori”, vengono sottolineati innanzi tutto i buoni risultati del commercio di piante e fiori in Gran Bretagna nel primo quadrimestre, comprensivo delle significative festività di San Valentino e della Mamma (vedi nostro articolo). Inoltre si legge che «tradizionalmente la classifica dei fiori recisi top 10 nelle vendite in UK è stata guidata da rose, crisantemi, lilium e garofani, ma negli ultimi due anni i fiori stagionali quali tulipani e amaryllis e prodotti buoni tutto l’anno come gerbere e lisianthus sono diventati sempre più importanti» e che anche quest’anno l’incremento maggiore di vendite ha riguardato i fiori stagionali.
Da FloraHolland fanno sapere anche che diminuiscono i fioristi che si recano fisicamente al Cash & Carry a vantaggio del Cash & Carry online e che nella loro visita al «più ampio mercato all’ingrosso in Uk, il New Covent Garden», che ha inaugurato la nuova sede il 3 aprile 2017, hanno riscontrato fra i commercianti risultati positivi nel primo quadrimestre: migliori dell’anno scorso. Inoltre stanno migliorando le prospettive dei fioristi del segmento alto, quelli che dettano le tendenze e vengono imitati dai fioristi di livello inferiore. Nel loro caso il buon andamento del primo quadrimestre è dovuto in particolare al progresso del mercato commerciale e dei grandi eventi: molte aziende e hotel hanno ripreso infatti a spendere in prodotti florovivaistici. I supermercati, pur restando il principale canale di vendita di fiori in UK con il 47% del totale, dall’anno scorso hanno incominciato a cedere quote di mercato al canale online (salito negli ultimi 5 anni dal 3% al 13% del 2016) e ai fioristi d'alto livello.
FloraHolland intravede in questo contesto ottime opportunità per i fiori olandesi esclusivi. «Sono ancora possibili ampi margini di crescita nel mercato britannico nonostante l’avvicinarsi di Brexit – è scritto nella nota della cooperativa olandese -. I consumatori britannici amano i fiori e continueranno a comprarli». «I fioristi – conclude FloraHolland – sono alla ricerca di fiori di lusso ed esclusivi che non sono disponibili o meno probabili da trovare nei supermercati, in modo da potersi distinguere dalla massa».        
Ma a tali rosee prospettive per il fiore olandese si contrappone la campagna intrapresa dalla filiera floricola britannica di cui parla The Guardian in un articolo del 21 maggio. La National Farmers’ Union (Nfu), cioè l’associazione nazionale di rappresentanza degli agricoltori, con l’appoggio di floricoltori e fioristi, vuole introdurre presso i rivenditori e fioristi l’obbligo di etichette con l’indicazione del luogo di origine dei fiori recisi in vendita. Rendere i consumatori britannici consapevoli della provenienza dei fiori sarebbe il primo passo per promuovere l’acquisto di fiori locali e stagionali. Il piano di azione sarà presentato durante la British Flowers Week - coordinata dal New Convent Garden Flower Market - verso la metà del prossimo mese (13-19 giugno). Oltre alle etichette il piano dovrebbe includere altre due azioni: sviluppare una associazione dei coltivatori britannici di fiori recisi e dare più spazio ai fiori British nei corsi dei fioristi. Fra le argomentazioni a favore di questa campagna “compra fiori britannici” c’è la motivazione ecologica ben espressa dall’hashtag #grownnotflown (coltivati non arrivati in volo): acquistare fiori locali significa anche ridurre il consumo di energia legato ai trasporti aerei di fiori da Paesi lontani. A sostegno della campagna della Nfu è intervenuto anche Simon Lycett, il maestro fiorista dei cinque palazzi reali della Regina d’Inghilterra, che ha sottolineato, come riportato dal Guardian, la necessità di informare il pubblico sulle stagionalità dei vari tipi di fiori al pari di quanto avviene per i prodotti agroalimentari.
 
L.S.