Piante endemiche: Peruzzi lancia l’appello per preservare le località-tipo
-
in Vis-à-vis
Il Gruppo per la Floristica, Sistematica ed Evoluzione della Società Botanica Italiana, di cui il prof. Lorenzo Peruzzi (Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa) è coordinatore, dal 2010 dedica molta attenzione alle piante endemiche italiane, ovvero quelle che nascono spontaneamente solo qui. Dal primo censimento delle località-tipo, dove queste piante sono state descritte per la prima volta, emerge che circa un terzo di esse non è soggetto ad alcuna tutela e rischia il degrado.
Il Gruppo per la Floristica, Sistematica ed Evoluzione della Società Botanica Italiana, di cui lei è coordinatore, di che cosa si occupa nello specifico?
L'interesse scientifico principale è quello di documentare la diversità e la distribuzione delle piante spontanee, in particolare relativamente alla flora italiana. Nell'ambito della flora italiana, una componente di particolare pregio è quella endemica, cioè esclusiva, del territorio italiano.
Quali sono gli studi effettuati dal Gruppo fino ad oggi?
Dal 2010, che fu anno internazionale della biodiversità, il Gruppo ha dedicato molta attenzione alle piante endemiche italiane, di cui è stato pubblicato nel 2014 un primo elenco (continuamente aggiornato online) e una breve sintesi di alcuni aspetti storici. Nel 2015, sono state definite le località-tipo ricavate dai protologhi (cioè dai lavori scientifici dove una certa specie viene descritta per la prima volta) e quest'anno abbiamo pubblicato una sintesi sul valore conservazionistico delle località tipiche in tassonomia, la scienza che ha come scopo la catalogazione e classificazione dei viventi.
Quali sono i principali dati emersi da questa prima sintesi sulle località-tipo?
Quello da noi effettuato è il primo censimento in Italia delle località-tipo, cioè di quei luoghi dove sono state descritte per la prima volta le circa 1.400 piante endemiche italiane, quelle che nascono spontanee solo nel nostro Paese. Secondo quanto emerge dal censimento e considerando tutto il territorio italiano, sono 670 le località-tipo che si trovano sulle isole, mentre 866 sono sulla terraferma. Il maggior numero di siti si trova poi lungo la costa mediterranea (1.134), segue per numerosità la regione alpina (306) e quindi quella continentale (96). Per quanto riguarda infine la tutela del territorio, 1030 siti rientrano in aree protette, mentre 506 sono al di fuori e di questi 259 si trovano sulle isole.
Dunque circa un terzo delle località esaminate si trovano in aree non soggette ad alcuna tutela…
Proprio a partire dal caso studio sulle endemiche italiane, ci siamo resi conto che le località-tipo non sono state mai sinora prese in considerazione dalla comunità scientifica tra i criteri per definire un'area protetta. Ciononostante, la loro salvaguardia è importantissima sia dal punto di vista scientifico che dal punto di vista culturale. È universalmente riconosciuto che le popolazioni che crescono nelle località-tipo sono di fondamentale importanza in tassonomia, come riferimento e confronto con altre specie. Al contempo, però, le località-tipo rappresentano un importante patrimonio storico-culturale, in quanto luoghi visitati, studiati e descritti da rilevanti personalità nella storia della Botanica e delle Scienze naturali.
Cosa possiamo fare allora per proteggere queste preziose aree dove crescono le piante endemiche italiane?
Le strategie per la loro conservazione potrebbero muoversi in due direzioni: l'istituzione di "plant micro-reserves" (piccole aree protette) e/o riconoscimento dei siti come patrimonio culturale.
Il primo concetto, quello di “plant micro-reserves”, non è molto conosciuto in Italia, può spiegarci meglio di cosa si tratta?
Il concetto di "plant micro-reserves" è nato all'inizio degli anni '90 in Spagna (con esempi di applicazione - tramite progetti LIFE - anche in altre nazioni europee). Si tratta di un network di piccoli siti sperimentali soggetti a tutela e monitoraggio, istituiti per singole specie vegetali di particolare interesse. Tali siti dovrebbero andare ad aggiungersi al sistema di aree protette già esistente sia a livello italiano (es. Parchi Nazionali, Parchi Regionali ecc.) che europeo (es. Direttiva Habitat) ed ovviamente avere un riconoscimento dal punto di vista legislativo (cosa che, ad oggi, avviene solo in Spagna e in Lettonia).
In qualità di Gruppo di ricerca, in quale direzione proseguiranno adesso i vostri studi?
Il nostro prossimo passo, come Gruppo, sarà di estendere questo studio a tutto il resto della flora italiana: tutte le specie non endemiche (la cui distribuzione naturale, quindi, non è ristretta al territorio italiano). Incluse le endemiche italiane di cui abbiamo parlato, la flora spontanea italiana ammonta a oltre 7.600 specie e sottospecie. Tra di esse, infatti, vi è un analogo numero (ca. 1.400 entità) di specie descritte per la prima volta per l'Italia.
Anna Lazzerini