Il premio Great Trees Awards aprirà ai giovani architetti e al verde pubblico
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Novella Cappelletti, presidente di Paysage, ha annunciato l’istituzione nell’edizione del 2017 di due nuove categorie. Per Vannucci il premio è un utile interscambio fra chi progetta il paesaggio e i vivaisti, e l’edizione per Pistoia capitale della cultura «una grande opportunità». Renato Ferretti: il paesaggio non è solo natura e boschi, ma anche qualcosa da costruire con il lavoro e producendo reddito.
«Quest’anno invece di assegnare il premio abbiamo preferito fare questa riflessione insieme agli architetti e ai vivaisti proprio per cercare di prepararci al meglio per l’edizione 2017 quando, nel contenitore molto più prestigioso di Pistoia capitale della cultura, ci sarà una grande opportunità. Quindi di nuovo una bellissima occasione di interscambio fra coloro che progettano e noi che produciamo, perché, come ripeto spesso, per noi è necessario capire quello che si andrà a progettare nel futuro, proprio per progettare noi stessi le nostre produzioni».
Questo il commento di Vannino Vannucci, presidente dell’Associazione vivaisti italiani, a Floraviva ieri alla Biblioteca San Giorgio di Pistoia, al termine della quarta edizione del premio “Great Trees Awards – I grandi alberi del paesaggio italiano”, promosso da Paysage e Vannucci Piante con l’obiettivo di porre all’attenzione del pubblico professionisti di chiara fama che, come “grandi alberi”, rappresentano il senso, la struttura e la radice del progetto di paesaggio in Italia. Un’edizione interlocutoria, dunque, come sottolineato da Vannucci. Una sorta di anteprima preparatoria della prossima edizione nel 2017.
Che premio ci possiamo aspettare il prossimo anno? «Un premio importante – ha risposto Novella Cappelletti, direttore di Topscape e presidente di Paysage - . Noi stiamo lavorando a questo. Siamo lavorando alla condivisione con le istituzioni. Stiamo lavorando affinché il premio traini Pistoia e Pistoia traini il premio verso un riconoscimento con una risonanza europea. Questa è la vera sfida per il 2017». E cambierà qualcosa nelle premiazioni? «Sì, vorremmo istituire delle nuove categorie. Quindi non solo un premio alla carriera, ma un premio legato alle realizzazioni in ambito di verde pubblico e un premio legato ai giovani per poter dare loro un’occasione di visibilità. Questi sono le prime indicazioni fondamentali che sono emerse da questo dibattito». Ma rimane come prima il premio originario? «Certamente sì. Perché nasce e resta la vocazione di rappresentare un premio per una carriera importante a chi ha contribuito alla disciplina, ma si apre verso visioni più allargate».
A Renato Ferretti, direttore di Vestire il Paesaggio, abbiamo chiesto di spiegare la sua osservazione, nel suo intervento, che il premio potrebbe essere una buona volta l’occasione per riflettere su che cosa è davvero il paesaggio e quindi anche sulla figura dell’architetto o progettista del paesaggio: «Sì, io sono fermamente convinto che “paesaggio”, come peraltro dice la convenzione europea del paesaggio, è tutto quello che ci circonda. Noi viviamo nel paesaggio. Non è che andiamo ad ammirare il paesaggio, quello lo si ammira in un quadro. Ma il paesaggio lo viviamo tutti i giorni. E’ un paesaggio che è diverso: è diverso per caratteristiche, è diverso per livelli qualitativi all’interno della stessa categoria, nel senso che ci sono paesaggi urbani gradevoli e paesaggi urbani sgradevoli, ci sono aree industriali gradevoli e aree industriali molto sgradevoli. Purtroppo la maggioranza sono quelle sgradevoli rispetto a quelle gradevoli, e per questo siamo pensati a portare che il paesaggio sia quello che si vede verde, boschi e comunque quello che nell’immaginario collettivo è collegabile alla naturalità, e viceversa tutto il resto non è paesaggio».
«Invece è tutto paesaggio – ha continuato Ferretti -. Tutto è paesaggio che ha bisogno di essere ricostruito, e ricostruito pensando a una prevalenza del reddito rispetto alla rendita. Credo che questa sia la scommessa vera. Nel senso che, come è stato costruito il paesaggio bello della nostra Toscana nel secolo scorso e in quello precedente, pensando al fatto di dover soddisfare il bisogno alimentare di chi ci viveva, e quindi con un’attenzione forte al reddito che si poteva tirare fuori da questi territori e da questo paesaggio, ugualmente bisogna farlo oggi e credo che questa sia la scommessa vera: fare un salto culturale e passare da immaginare solo come parametro di riferimento la rendita finanziaria a un reddito del capitale, che in questo caso è costituito dal territorio con il paesaggio che ci costruiamo sopra con il lavoro che ognuno di noi ci mette».
Lorenzo Sandiford