Patuanelli al Senato su dati e sfide del vino italiano nella nuova Pac

Per la pandemia perdita di 1 miliardo di euro nel 2020 solo nel mercato domestico, a causa del crollo nell’Ho.re.ca. L’export del vino nel 2020: -2,3% in quantità e -2,4% in valore. Il ministro Patuanelli: «seguiamo con attenzione lo schema relativo alla OCM unica di settore: all'Italia circa 323 milioni di euro annui di fondi europei per il settore fino al 2027». Il punto delle trattative su autorizzazioni di impianto, vini dealcolati, varietà ibride, etichettatura e sostenibilità. 

«Come ha ben spiegato il presidente Stefano, ognuno è libero di produrre ciò che vuole ma non deve chiamarlo vino. Quello con l'aggiunta di acqua non è vino. Questa è la posizione dell'Italia. Siamo preoccupati dalla posizione di altri Paesi che invece dovrebbero difendere con forza, insieme a noi, le caratteristiche pregiate delle produzioni vitivinicole europee. Mi riferisco in particolare alla Francia che invece sembra essere orientata a non opporsi a questo scempio».
Si è aperta con queste parole la recente audizione del ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli alla Commissione Politiche dell’Ue (14^) del Senato, presieduta dal senatore leccese Dario Stefano. Nel suo intervento il ministro ha innanzi tutto riepilogato gli ultimi dati sul settore vitivinicolo, che è «uno dei più rilevanti e dinamici all'interno del panorama agroalimentare italiano e del negoziato per la nuova Pac», e ha annunciato che a fine mese ci sarà l’importante appuntamento «con un Consiglio dell'Unione europea di due giorni e con un Trilogo contemporaneo in cui a mio avviso dovremo fare tutti il possibile perché si arrivi a definizione complessiva dei regolamenti della nuova PAC in modo da chiudere il processo percorso all'interno del semestre di presidenza portoghese».

Dati del settore vitivinicolo italiano
«Il nostro Paese è il primo produttore mondiale di vino e primo esportatore in volume – ha ricordato il ministro Patuanelli -, mentre in valore, con la cifra record del 2019 di 6,4 miliardi di euro, si posiziona saldamente al secondo posto dietro la Francia con cui ci sfidiamo costantemente su volumi e valori. Inoltre, il vino rappresenta la prima voce del commercio estero agroalimentare italiano».
Siamo primi in Europa «per numero di prodotti a denominazione – ha aggiunto il ministro - potendo vantare oltre 500 vini a DOCG, DOC e IGT, che svolgono il ruolo di ambasciatori delle produzioni di qualità italiane all'interno del mercato globale. Un vino rappresenta il distintivo del nostro Paese, del nostro territorio, la nostra cultura, paesaggio e la storia. Non è soltanto un prodotto enogastronomico e una bevanda. Il vino è qualcosa di più in Italia».
«Nel comparto agroalimentare – ha continuato Patuanelli - il peso del settore è notevole: 300.000 aziende agricole e circa 46.000 imprese vinificatrici forniscono occupazione a oltre 1 milioni di lavoratori, tra operatori in vigna, nelle cantine, nella commercializzazione e in attività connesse (fabbricazione di macchinari, sostanze enologiche e accessori per l'enologia). Un comparto che è un volano economico del nostro Paese».
Le conseguenze della pandemia per il ministro delle politiche agricole «sono state sensibili ma con effetti distribuiti in maniera disomogenea. Anche all'interno della filiera vitivinicola ci sono state conseguenze diverse. Il lockdown e la chiusura degli esercizi di ristorazione hanno penalizzato, in particolare, le imprese che nel corso degli anni si sono specializzate nel canale Ho.re.ca. In termini di collocamento del prodotto, si stima che questo canale pesi per il 30% dei volumi e per il 50% dei valori totali, con la conseguente perdita, nel 2020, di 1 miliardo di euro solo sul mercato domestico. Importi rilevanti, quindi. Il settore è stato aiutato ma è certamente un settore che ha subito la crisi pandemica. Le previsioni per il 2021 si confermano ancora pesanti per il settore, con i consumi di vino fuori casa stimati a -32% rispetto al 2019, a causa non solo delle intermittenti chiusure degli esercizi, ma anche di un minor potere d'acquisto da parte del consumatore nazionale. Al di là dell'impatto economico sulle singole famiglie, la crisi ha indotto un po' di prudenza nel consumatore che ha preferito orientare le proprie scelte su beni diversi da quelli del vino di pregio. Per queste aziende la conseguenza immediata è stata una improvvisa perdita di liquidità e, più in generale, uno squilibrio finanziario provocato sia dal prodotto invenduto sia dai mancati pagamenti per le fatture già emesse (di cui l'IVA è stata già versata): un danno da un lato e una beffa dall'altra. Allo stesso modo il turismo del vino, valutato 2,5 miliardi di euro, ha visto compromessa l'intera stagione del 2020 e il primo quadrimestre 2021. La riduzione del canale Ho.re.ca. è stata solo parzialmente compensata dalla crescita delle vendite nella GDO (+7.8% nel 2020 rispetto al 2019), dove, tuttavia, le preferenze del consumatore si sono orientate verso l'acquisto di prodotto di fascia non alta, a prezzi inferiori».
«Per quel che riguarda il commercio internazionale – ha affermato Patuanelli - l'Italia vitivinicola, dopo oltre un decennio di continui record delle vendite all'estero, ha subito una battuta di arresto. In totale, nel 2020, l'Italia ha esportato 20,8 milioni di ettolitri con una riduzione di poco superiore al 2,4% rispetto al 2019 per un corrispettivo di 6,285 miliardi di euro, 2,3% in meno rispetto al 2019. Nell'ambito del mercato mondiale l'impegno del nostro Paese deve essere finalizzato a mantenere la leadership nei tradizionali mercati di sbocco (Germania, Stati Uniti e Giappone) e a non rallentare la già difficile penetrazione commerciale nel mercato cinese. Le altre incognite sono legate agli effetti della Brexit (non ancora resi evidenti a causa della pandemia) e, più in generale, alla perdita del potere di acquisto del ceto medio mondiale a causa della recessione». 

Il negoziato della nuova Pac 
Dunque il «biennio che ci stiamo lasciando alle spalle avrà sensibili conseguenze sulla struttura e sull'organizzazione del settore – ha sottolineato Patuanelli -. Questi aspetti andranno attentamente valutati nell'ambito dell'attuale discussione della riforma della PAC e su come immaginiamo lo scenario agricolo del prossimo futuro».
«La riforma della PAC post 2022 – afferma - è una delle sfide principali, accanto al Piano Next Generation UE, su cui ho concentrato l'impegno istituzionale sin dal inizio del mio mandato». Le trattative «si stanno svolgendo con un flusso a volte incerto con alcuni elementi ancora sospesi, ma con sostanziali passi in avanti verso una decisione finale. La nuova PAC dovrà essere in grado di fornire al settore agricolo gli strumenti per una maggiore competitività sui mercati internazionali e al tempo stesso proseguire nella transizione ecologica sancita dal Green Deal. Sono quindi due sfide complesse».
«A tal fine, - ha aggiunto tra l’altro il ministro - i lavori sul pacchetto di regolamenti della nuova PAC, e in particolare lo schema relativo all'OCM Unica che conterrà l'intera disciplina riguardante il settore vitivinicolo e i prodotti derivati, sono stati costantemente seguiti dal Mipaaf al fine di salvaguardare gli interessi del settore. Il serrato confronto tra le Istituzioni dell'UE nell'ambito dei triloghi e il dibattito tra gli Stati Membri in seno al Consiglio dell'UE sono parte di un processo complesso, caratterizzato anche da alcuni tentativi di minare le caratteristiche distintive che tuttora contraddistinguono il vino italiano nel mondo. Le linee direttrici dell'azione del nostro Governo sono essenzialmente due: da una parte mantenere elevato il livello qualitativo delle produzioni vitivinicole e dall'altra garantire ai produttori adeguato sostegno, con risorse analoghe a quelle attualmente disponibili nell'ambito del Programma Nazionale di Sostegno (PNS)». 

OCM Vino - Piano Nazionale di sostegno (PNS)
Per il nostro ministro delle politiche agricole «l'elemento più rilevante da mettere in luce è che il settore vitivinicolo continuerà a beneficiare di una Organizzazione comune di mercato anche nella prossima programmazione PAC, inserita nella cornice del nuovo Piano Strategico nazionale. Dal punto di vista finanziario, l'Italia è riuscita ad ottenere il mantenimento di un budget, seppur leggermente ridimensionato, in linea con l'attuale programmazione. Per l'Italia saranno, infatti, disponibili fino al 2027, circa 323 milioni di euro annui di fondi europei per sostenere lo sviluppo del settore. Il nostro Paese si conferma così primo beneficiario dei fondi Ue per il settore vitivinicolo europeo».
In questo modo «il Programma nazionale di sostegno (PNS) sarà in grado di offrire, anche in futuro, ai vitivinicoltori gli strumenti e le risorse necessari per il miglioramento della competitività delle proprie aziende, utilizzando i relativi contributi comunitari». «La conferma di un budget dedicato, così come la conferma delle misure tipiche di sostegno – ha osservato tra l’altro il ministro - sono la prova dell'importanza per l'Italia di "fare sistema" al fine di raggiungere gli obiettivi che ci prefiggiamo. Stiamo ancora lavorando, insieme a Francia e Spagna, affinché, nel passaggio dalla vecchia alla nuova OCM, siano previsti i meccanismi di flessibilità necessari a consentire ai produttori di completare gli investimenti programmati, senza soluzione di continuità».

Altri aspetti cruciali oggetto delle trattative negoziali

Autorizzazioni di impianto
Riguardo alla regolamentazione delle autorizzazioni viticole di nuovo impianto, il ministro Patuanelli ha riferito che «nella fase iniziale del negoziato, la Commissione ha accolto numerose proposte italiane legate alla semplificazione e ad una maggiore efficacia del rilascio delle autorizzazioni e dei criteri di priorità utilizzabili» e che l’ultimo testo di compromesso sull’OCM prevede «l'estensione del regime delle autorizzazioni per l'impianto dei vigneti fino al 2045 - con 2 revisioni intermedie nel 2028 e nel 2040 - confermando l'aumento massimo annuo dell'1% del potenziale viticolo». «L'accordo include anche – ha precisato - la nostra richiesta di poter riallocare dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2027 i "vecchi" diritti d'impianto non utilizzati dai viticoltori entro il 31 dicembre 2025». Mentre rispetto all’emergenza pandemica, l’Italia è «riuscita ad ottenere una proroga fino al 2021 delle autorizzazioni di impianto in scadenza nel 2020» e ha richiesto «un'ulteriore proroga di un anno per le autorizzazioni in scadenza nel 2021, attualmente oggetto di confronto con gli uffici tecnici della Commissione».

Vini dealcolati
Come riepilogato da Patuanelli, «dal 2018, anno di presentazione da parte della Commissione degli schemi di regolamento per la riforma della PAC, è in atto un acceso dibattito in merito alla proposta di introdurre una nuova categoria di prodotti "dealcolati", da usare congiuntamente al termine "vino". In base alle argomentazioni della Commissione, l'inserimento di tale disposizione nasce dalla necessità di armonizzare un settore in cui già esistono normative nazionali (ad es. Francia, Spagna, Portogallo, Germania), che potrebbero provocare una disparità di trattamento tra gli operatori, nonché possibili ostacoli alla libera circolazione dei prodotti. L'Italia si è sempre dichiarata contraria a tale proposta, dal momento che i trattamenti di dealcolazione privano il prodotto vino di gran parte delle sue caratteristiche organolettiche e ne modificano la composizione, compromettendo, tra l'altro, il legame con il territorio. Il prodotto finale così trattato, inoltre, non è più conforme alla definizione di "vino", stabilita dal regolamento di base, con la seguente formulazione: "prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica di uve o mosti avente un titolo alcolometrico non inferiore a 8,5% di volume". La Commissione ha introdotto ulteriori specifiche, proponendo una definizione di "parzialmente dealcolati" per i prodotti con un grado alcolico compreso tra 0,5% e 8,5% di volume. Nello stesso ambito, è stata inserita la possibilità di modificare le attuali pratiche enologiche, introducendo il reintegro dell'acqua persa nei prodotti a seguito del processo di dealcolazione. (Tale processo non va confuso, come erroneamente riportato nei giorni scorsi da alcuni organi di stampa, con il processo di annacquamento che è sempre vietato.) Durante il Comitato Speciale Agricoltura del mese di aprile è stato proposto un compromesso, in base al quale il vino potrà essere etichettato come "dealcolato" o "parzialmente dealcolato" mentre i vini con indicazioni geografiche (DOP e IGP) potranno utilizzare solo il termine "parzialmente dealcolato"». «L'Italia – ha asserito il ministro dell’agricoltura - continua ad opporsi all'utilizzo del termine "parzialmente dealcolato" per i vini DOP e IGP e personalmente ho anche ribadito la contrarietà del nostro Governo all'utilizzo dell'acqua per il ripristino dei volumi. Sono, tuttavia, consapevole della difficoltà della nostra battaglia politica, poiché gli altri grandi produttori vitivinicoli, e nostri principali competitor, quali Spagna e Francia, si sono dichiarati d'accordo con la proposta di riforma. Ma ribadisco tutto il mio impegno al fine di salvaguardare la qualità dei prodotti di eccellenza italiani».

Varietà ibride
Altra questione dibattuta nei negoziati della nuova PAC è la possibilità di utilizzo delle varietà ibride nelle produzioni vitivinicole. «L'ultimo testo relativo al regolamento OCM – ha ricordato Patuanelli - consente l'utilizzo di varietà ibride per la produzione di vini DOP». L’Italia si è opposta «per il negativo impatto che questa innovazione regolamentare avrebbe sulla tipicità e qualità dei nostri prodotti e sul legame con il territorio, elementi che da sempre contraddistinguono il vino italiano». E, come evidenziato dal ministro, «a livello nazionale, le predette varietà ibride non potranno comunque entrare nella produzione di un vino DOP, se non a seguito di una modifica del disciplinare di produzione, e quindi su richiesta degli stessi produttori». Inoltre «l'Italia ha contribuito a impedire che venisse ammessa la coltivazione, storicamente vietata, delle sei varietà di ibridi produttori diretti (Noah, Othello, Isabelle, Jacquez, Clinton and Herbemont) e della Vitis labrusca, di cui oggi è vietata la coltivazione. Tale divieto di coltivazione si basa infatti su importanti motivi legati, non solo ad aspetti organolettici, ma anche salutistici».

Etichettatura
Sul tema dell’etichettatura l'ultimo compromesso contiene «l'etichettatura nutrizionale obbligatoriacon l'indicazione in etichetta del solo valore energetico e con la possibilità di rinviare a collegamenti internet per le informazioni di dettaglio relative ai valori nutrizionali e alla lista degli ingredienti. Quest'ultima forma di etichettatura elettronica costituisce una semplificazione funzionale all'attività delle imprese e salvaguarda al tempo stesso la trasparenza nei confronti del consumatore, da sempre valori essenziali per il sistema italiano».

La sfida della sostenibilità
Infine, la transizione ecologica, oltre a rappresentare uno dei cardini del Green Deal e della Strategia Farm to Fork, caratterizza fortemente anche la riforma della PAC. «Gli ultimi anni – ha affermato Patuanelli - sono stati caratterizzati da progressi enormi, su temi rilevanti quali la riduzione delle emissioni e la diffusione delle pratiche agricole più sostenibili, fino ad arrivare alla progressiva diminuzione dell'uso di fertilizzanti e prodotti fitosanitari. Un progresso costante, sostenuto dall'innovazione tecnologica che, sempre di più, trova spazio nelle nostre imprese agricole. La nuova PAC sosterrà gli ulteriori impegni richiesti agli agricoltori, sia attraverso il primo pilastro che con le misure dello sviluppo rurale. Parliamo della cosiddetta "architettura verde", che include anche le regole di condizionalità rafforzata. A livello europeo si stanno definendo percentuali minime importanti da destinare agli ecoschemi e alle misure agro-climatiche-ambientali».

«Il 19 aprile – ha concluso il ministro delle politiche agricole - ho avviato i lavori del Tavolo di Partenariato che dovrà essere protagonista del processo di attuazione della riforma della PAC a livello nazionale. Sono certo che la filiera vitivinicola troverà ampio spazio nel nuovo Piano Strategico, con misure che andranno a sostenere, ancora una volta la competitività delle imprese, privilegiando, al tempo stesso, gli imprenditori in grado di attuare i modelli più avanzati in termini di sostenibilità». Da parte sua c’è la ferma volontà di «utilizzare tutti gli strumenti a disposizione del nostro Paese al fine di garantire uno dei nostri patrimoni più importanti e conosciuti, segno distintivo del Made in Italy nel Mondo. Il settore, che è stato già oggetto di specifiche misure di sostegno nel periodo di crisi, lo sarà ancora in occasione delle prossime iniziative che punteranno ad ottenere un rilancio duraturo del settore agricolo. La filiera vitivinicola dovrà, inoltre, essere protagonista di un'azione di promozione dell'agroalimentare di qualità sia sul mercato interno che su quello internazionale, alimentata in maniera sinergica sia dai fondi europei che da quelli nazionali».

Redazione