Sequenziato per la prima volta il genoma dell'olivo: nuove prospettive produttive e non solo

olivo pianta

Un team di ricercatori, appartenenti a tre istituti di ricerca spagnoli, ha sequenziato per la prima volta il genoma dell'olivo a partire da una pianta della varietà Farga, una delle più diffuse nella parte est della Spagna, di circa 1300 anni di età. I ricercatori hanno anche comparato questo DNA con quello di varietà selvatiche per comprendere i processi evolutivi dell'olivo e studiarne il miglioramento in termini produttivi e di tolleranza/resistenza. 

L'olivo mediterraneo (Olea europaea, subsp. Europaea) è stato uno dei primi alberi domesticati ed è attualmente di grande importanza agricola nella regione del Mediterraneo quale fonte di olio d'oliva. Le basi molecolari che determinano le differenze fenotipiche fra cultivar e varietà selvatiche restavano fino ad oggi poco conosciute. Sia gli olivi selvatici che quelli coltivati hanno 46 cromosomi. Anche se l'olivo è stato uno dei primi alberi domesticati dall'uomo, circa 6000 anni fa, ad oggi ancora non era stato possibile mapparne in genoma. Il genoma assemblato di O. europaea che hanno sequenziato per la prima volta i ricercatori spagnoli è dunque di fondamentale importanza in qualità di risorsa preziosa per lo studio dei processi evolutivi e di addomesticamento dell'olivo. Ma non solo, il sequenziamento del genoma permetterà anche di determinare le basi genetiche dei tratti fenotipici chiave. Si potranno così studiare programmi di allevamento specifici e la formazione di nuove varietà, studiandone anche la resistenza e la tolleranza a patogeni quali il fungo Verticillium e Xylella fastidiosa. La mappatura del Dna è stata ottenuta usando la stessa tecnologia impiegata per sequenziare quello della lince. Il genoma sequenziato ha poi generato circa 1,31 miliardi di sequenze genetiche e oltre mille gigabyte di dati. Questi aiuteranno così a classificare meglio i dati già elaborati, che però si basavano solo sull'Rna e quindi non completi, per capire le funzioni dei geni e come lavorano.

Lo studio completo è stato pubblicato sulla rivista GigaScience.

Redazione