La pianta d'olivo ri-parta dall'olio
Come coniugare la posizione italiana di leader mondiale sul mercato estero dell'olivicoltura e la produzione vivaistica delle piante di olivo in grave difficoltà? Marketing e comunicazione, uniti a garanzia e politiche di qualità dell'olio e delle piante, possono giocare un ruolo determinante, come suggeriscono i dati sintetizzati da Unaprol.
"Anno difficile per l’olivicoltura italiana il 2014, ma nel mondo la domanda del vero made in Italy è in aumento”, così si è espresso David Granieri, presidente Unaprol, alla conferenza stampa di presentazione di Vinitaly e Sol&Agrifood.
Se infatti la produzione olivicola 2014/2015 non supera al momento le 235 mila tonnellate (fonte Ismea), gli scambi sono invece cresciuti nel periodo gennaio-ottobre 2014. Alcuni dati esemplificativi: l'import ha raggiunto le 528 mila tonnellate per un valore pari a 1,121 milioni di euro, mentre l’export ammonta a 349 mila tonnellate e sviluppa un valore pari a 1,145 milioni di euro. Segno positivo poi sulla bilancia commerciale con l’olio extra vergine e vergine che segnano un +13% in volume e un +2% in valore. L’Italia detiene una posizione leader di mercato in molti Paesi (vedi grafico) soprattutto dove ha svolto campagne di promozione dell’alta qualità italiana.
Il modello utilizzato dall'olio dovrebbe dunque essere esteso anche alle piante, soprattutto quelle toscane. Si dovrebbe lavorare su una strategia di marketing, che utilizzi le leve della qualità e della formazione sull'uso della pianta, e, lavorando sul prodotto finito, sviluppare una comunicazione che per il mercato estero inneschi un dialogo con il consumer. Oggi molti produttori di piante mi chiedono soluzioni per migliorare e tornare ad essere leader nel settore. In Toscana, soprattutto nella valle del Pescia, le tradizioni antiche e la grande qualità non hanno comunque retto ai cambiamenti sul fronte tecnologico e dei consumi proposto dagli spagnoli. Il sistema intensivo iberico ha centrato i punti di forza e quelli di debolezza della struttura della domanda e dell'offerta, scardinando il sistema produttivo italiano, in particolare quello toscano, che reggeva da secoli. Basti pensare che nell'area della valle del Pescia, solo pochi anni fa, si producevano oltre 10.000.000 pezzi, divenuti oggi appena 3.500.000. Un calo di 2/3 che alcuni produttori sono ancora lì a cercare di comprendere. Ecco perché si deve sviluppare un sapiente blend di qualità in cui la pianta d'olivo parte dall'olio.
Andrea Vitali