Confagri nella Giornata dell’acqua: più invasi e rinnovare le reti idriche

in Brevi

«L’agricoltura ha ridotto negli ultimi decenni di quasi il 30% il consumo idrico, impegnandosi ad adottare modelli sostenibili di gestione come l’irrigazione di precisione. Ma non basta. Occorre mettere mano con urgenza all’intera rete idrica nazionale, che dopo trent’anni di abbandono è in pessime condizioni».
E’ il messaggio lanciato da Confagricoltura ieri, lunedì 22 marzo, Giornata mondiale dell’acqua istituita nel 1992 dall’Onu, per promuovere un uso responsabile di questo bene primario.
«Nel nostro Paese – sottolinea la nota di Confagri - solo l’11% dell’acqua piovana viene trattenuta. E’ necessario costruire nuovi invasi, rinnovare i sistemi irrigui, sanare la rete dell’acqua potabile che perde il 42% tra quella immessa e quella erogata. Per Confagricoltura sono queste le priorità su cui intervenire. Va ripristinata e rinnovata una rete infrastrutturale vecchia, con un tasso di dispersione elevato, senza dimenticare l’importanza di migliorare l’utilizzo delle acque reflue, che è una delle sfide più importanti dell’economia circolare».
«Le annate siccitose – continua la nota - hanno creato danni per più di 15 miliardi, metà dei quali in quattro regioni: Puglia, Emilia Romagna, Sicilia e Sardegna. E l’Italia è al terzultimo posto nella classifica europea per investimenti nel settore idrico: solo 40 euro per abitante l’anno, contro una media europea di 100 euro».
Confagricoltura invita quindi a cogliere l’occasione del Piano nazionale degli interventi nel settore idrico e del Recovery Plan per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, forieri di eventi estremi siccitosi e alluvionali, per ripristinare e realizzare quelle infrastrutture necessarie a gestire la risorsa idrica.
«Nei prossimi anni l’aumento delle temperature – ricorda Confagricoltura - aggraverà ulteriormente la carenza idrica dell’Italia. L’agricoltura è il settore che più risentirà della siccità, per questo diventa sempre più importante riuscire ad accumulare l’acqua piovana, per poterla utilizzare nei momenti di carenza. Occorre distinguere fra l'acqua prelevata e l’effettivo consumo. Quello primario è l’unico settore economico che produce rispettando la risorsa idrica, perché quella impiegata nell’uso irriguo – conclude la nota - non fuoriesce dal ciclo idrologico naturale, ma viene restituita al sistema ambientale, a valle dei processi produttivi».

Redazione