Verso la consapevolezza di un vivaismo di qualità sostenibile ed ecocompatibile

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Numerosi gli interventi di questa mattina all'Anteprima di Vestire il Paesaggio a Pistoia per indagare le opportunità e affermare l'importanza di un vivaismo eco-sostenibile. Il percorso da tracciare è fatto di norme di difesa integrata, sinergie con la politica, tutela di prodotti di qualità, cura del paesaggio urbano, unione fra attori del settore e un'attenta filiera del verde che parta dalla produzione e arrivi sapientemente al marketing del prodotto finale.

Apre la mattinata del seminario tecnico Rinaldo Vanni, presidente della provincia di Pistoia e sindaco del comune di Monsummano Terme, che ringrazia da subito la partnership di Flormart con Vestire il Paesaggio per la costruzione di una filiera del verde eco-sostenibile. Non meno importante è per Vanni il fatto che Pistoia sarà l'anno prossimo capitale della cultura, titolo che qui intende significare anche l'essere il centro della cultura del paesaggio. «Un evento come quello di Vestire il Paesaggio, culturale, scientifico e commerciale, rappresenta per Pistoia il fatto di essere leader a livello europeo nella produzione di piante ornamentali. Le piante sono i colori e la materia prima della costruzione e della realizzazione paesaggio.» Un paesaggio dunque che non sia effimero e imbalsamato, ma che nella sua fruibilità contribuisca a premiare il territorio e a sostenere i vivaisti nella loro azione per rafforzare l'economia e l'occupazione del settore. «Si deve investire nel verde e per la sostenibilità: le piante ornamentali possono dare il loro contributo per rendere sostenibili i nuovi insediamenti urbani, contribuendo così allo sviluppo dell'economia verde. Il vivaismo fa impresa e paesaggio producendo la materia prima».

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Luca Iozzelli, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, prende poi la parola facendo i complimenti prima di tutto alla Provincia che, nonostante le difficoltà economiche, ha comunque trovato le risorse per realizzare l'anticipazione di Vestire il Paesaggio. Iozzelli ricorda come sostenibilità ed eco-compatibilità siano due parole che ricorrono spesso nei media a livello globale, ma serve ancora capire appieno il loro significato. «Eco-compatibilità, sostenibilità e biodiversità sono parole che si ripetono e appartengono al nostro immaginario collettivo, esse sono profondamente legate al futuro del nostro pianeta.» Queste parole vanno allora a contraddistinguere il territorio pistoiese e oggettivamente ne incrociano il futuro. Se Pistoia vuole mandare un messaggio chiaro sul suo ruolo di città del verde, si devono superare le divisioni interne: «Cosa che è difficile nella nostra realtà territoriale: nel patrimonio genetico dei pistoiesi ci sono i bianchi e i neri, ma si deve capire che nel mondo si entra insieme con una visione comune. La Fondazione è allora un attore importante, investe circa 12 milioni di euro l'anno in progetti di varia natura per il territorio di riferimento. Spesso siamo chiamati a fare scelte, ma questo non è il compito della Fondazione. Sono gli attori del territorio che devono fare le scelte: i privati e gli operatori economici. Noi porteremo il nostro sostegno in maniera forte ai progetti che guarderanno alla città per i prossimi venti anni e che saranno largamente condivisi.» Renato Ferretti, dirigente della Provincia di Pistoia, agronomo e direttore della manifestazione, entra poi nel merito della questione tecnica della giornata con il suo intervento su “Lo sviluppo durevole del vivaismo ornamentale”. Pistoia rappresenta una realtà che è stata ben descritta da Iozzelli, secondo Ferretti, e che possiede anche caratteristiche uniche a livello nazionale ed europeo. Si tratta infatti di una piccola area con relazioni molto strette e pressioni di carattere ambientale altrettanto significative. Questa situazione deve allora essere sfruttata a vantaggio della produzione e del settore. «La filiera produttiva è importante perché la parola vivaismo è anche il momento in cui si producono e si moltiplicano le piante da talea, da innesto e da seme. Se questo manca, è sinonimo di debolezza. Nella riproduzione della filiera Pistoia è sempre stata all'apice, negli ultimi decenni ha perso un po' di smalto, anche se lo sta recuperando pian piano. Ci si deve allora specializzare mantenendo una forte diversificazione all'interno del distretto e l'elemento di eco-sostenibilità. Altro elemento di sviluppo durevole è la diversificazione del ciclo di produzione, sia che si svolga in pieno campo, che in contenitore.» Avere la possibilità di formare piante in pieno campo consente di avere poi piante più robuste. Le piante allevate in pieno campo, prosegue Ferretti, e trapiantate ogni due, massimo tre anni acquisiscono una forza superiore. In vaso invece l'ambiente è costretto e la pianta si vizia. Produrre piante in grado di sopravvivere in ambienti ostili è allora un grande vantaggio competitivo. «Occorre creare un uso consapevole e coerente con il principio della rinnovabilità e sostenibilità. Anche nel campo del vivaismo ornamentale si deve effettuare una ricerca di specie e varietà sempre più adatte. Il mercato deve essere ampliato per utilizzare le potenzialità che ci offrono le piante. Si deve allora tenere conto anche della corteccia e del legno, non solo del colore delle foglie e dei frutti.» Vestire il paesaggio può allora dare un contributo in questo senso anche verso la comprensione della pianta quale unico prodotto capace di stoccare anidride carbonica, unico modo di minimizzare l'impatto ambientale, conclude Ferretti.

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“Le tecniche di coltivazione ecocompatibili” sono poi state illustrate da Giulio Lazzerini, agronomo libero professionista, in seguito all'attività svolta presso l'Università di Firenze. Dato che il settore del vivaismo pistoiese è concentrato, questo determina delle pressioni in termini di uso delle risorse e poi di imput chimici. «Ma negli ultimi anni ho visto molti esempi di innovazioni tecnologiche che i vivaisti hanno saputo introdurre: dal classico riciclo delle acque che circoscrivono l'area del vivaio agli esempi interessanti di lotta integrata, o l'utilizzo di strati alternativi come il cocco, meno impattante rispetto alla torba. Ho visto anche validi esempi di creazioni che utilizzano i famosi scarti verdi introdotti dai vivaisti.» La valutazione della sostenibilità per l'azienda vivaistica passa dall'individuazione di indicatori, di metodi di valutazione, e di soglie di sostenibilità per la gestione ambientale aziendale. L'LCA è la metodologia utilizzata con compilazione e valutazione attraverso tutto il ciclo di vita degli elementi in ingresso e in uscita, nonché i potenziali impatti ambientali di un sistema di prodotto (Norme ISO 14040/14044-2006). Poi si dovranno definire i fattori di criticità per le diverse componenti ambientali, quali acqua, suolo e aria. Infine sarà necessario individuare gli obiettivi di miglioramento e le buone pratiche colturali capaci di ottimizzare i processi produttivi. Ultimo passaggio poi quello del monitoraggio nel tempo della gestione ambientale aziendale. Lazzerini ricorda poi che l'LCA può consentire un miglioramento delle prestazioni ambientali ed economiche di un prodotto, la definizione di un sistema di certificazione ambientale di prodotto e di processo e infine la definizione delle strategie di marketing. Le riduzioni di emissioni di CO2 possono essere infatti comunicate attraverso il Carbon Footprint, la norma ISO 14064 ½, standard internazionale per la misurazione, il monitoraggio, la rendicontazione e la verifica delle emissioni e delle rimozioni dei gas serra a livello aziendale. «Il protocollo tecnico di gestione ambientale, allargato a un maggior numero di aziende serve per certificare un territorio partendo dal basso. Creando un processo partecipativo a cui le aziende possano collaborare dal punto di vista economico e commerciale», conclude Lazzerini.

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Giovanni Vettori, funzionario del Servizio fitosanitario della Toscana, ha poi illustrato “La difesa integrata in vivaio”. «Da un punto di vista normativo, non si può fare difesa integrata se non si fa agricoltura integrata.» Il PAN rappresenta il braccio operativo di questo processo. Si parla allora di tutela dell'ambiente e salute del consumatore, riducendo così l'uso dei prodotti chimici di sintesi. Delle due normative esistenti sulla difesa integrata, una è obbligatoria e l'altra volontaria. La prima deriva dalla direttiva CEI128 e prevede il monitoraggio degli organismi nocivi quali parassiti e avversità, così come la previsione degli interventi necessari. La norma lascia tuttavia la possibilità di derogare a questi compiti perché non si configura sempre attivabile. Sarebbe comunque opportuno preferire i metodi biologici. Gli obblighi delle aziende agricole per la difesa integrata e illustrati da Vettori sono: conoscere e disporre direttamente dei dati meteorologici fitosanitari e dei bollettini territoriali, che influenzano l'attività dei trattamenti. È importante anche avere dati pregressi, più difficili da ritrovare ma che la Regione Toscana mette a disposizione sul sito http://agroambiente.info.arsia.toscana.it/arsia/arsia14. Il secondo livello di difesa integrata volontaria interessa marginalmente il mondo vivaistico e trova applicazioni nel PSR "Miglioramento della gestione degli input chimici e idrici".

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“Il ruolo del Dottore Agronomo per una produzione vivaistica sostenibile” di Francesco Bartolini (presidente dell'Ordine degli agronomi della provincia di Pistoia) ha invece focalizzato l'importanza dell'aspetto sociale della sostenibilità. Il dottor agronomo deve rivestire un ruolo a fianco delle aziende per indirizzare verso una produzione sostenibile, come descritto bene nella recente Carta dell'Agronomo, redatta in occasione di Expo. Si parla dunque di principi etici per l'esercizio di questa professione con forte valenza pubblica. «Siamo in grado di modellare il paesaggio nell'interesse generale e in un'ottica di progresso sociale. L'agronomo deve garantire azioni per il futuro, promuovere un uso a basso impatto di agrofarmaci e monitorarne l'uso.» Sostenibilità sociale è processo di certificazione ambientale, strumento importante per essere riconoscibili e mettere le aziende nelle condizioni di poter vendere prodotti di qualità. Si tratta dunque anche del riconoscimento nei mercati esteri attraverso l'uso di certificazioni, sempre più determinanti per le aziende. “Il Distretto di Pistoia verso un vivaismo di qualità sostenibile" è l'intervento finale del seminario da parte di Francesco Mati, presidente del Distretto rurale vivaistico-ornamentale pistoiese. Mati ricorda come il vivaismo nel suo cammino verso l'eco-sostenibilità debba essere sempre affiancato e supportato dalla parte politica, che possa creare una giusta tutela della produzione e sappia comunicare la qualità dei prodotti che escono da produzioni di qualità di questo tipo. Altrimenti il rischio è quello di essere superati da prodotti di scarsa qualità, magari neanche italiani, che però hanno costi di produzione minore. La globalizzazione è il mercato spietato che, secondo Mati, le aziende devono combattere con l'intervento politico di tutela. Ci deve essere un dialogo continuo fra questi due attori per creare un prodotto vivaistico di eccellenza e riconoscibile anche fuori dall'Italia, così come accade già per altri prodotti alimentari. «Va valorizzato il carattere storico del prodotto vivaistico per creare un brand frutto anche delle sinergie politiche di settore. Le opportunità a quel punto si aprono non solo a livello nazionale, ma europeo».

Anna Lazzerini