La filiera italiana rispetta il fiore olandese, ma la qualità non è solo orange

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daniela pighetti e mara turra

Le risposte (variegate) di alcuni esponenti di spicco della filiera del fiore reciso italiana, dai fioristi ai produttori, alle questioni sollevate da un comunicato in cui Charles Lansdorp ha affermato che i fioristi d’Italia trascurano la qualità del fiore e non sono preparati a sufficienza nella sua cura e conservazione. Per la categoria dei fioristi, intervistate M. Turra (Mastrofioristi) e D. Pighetti (Federfiori). Sentiti anche A. Grassotti (Mefit) e V. Incerpi (Flora Toscana). Fra i produttori, G. Spadoni (Cia) e B. Giudicini (Coldiretti).

Un comunicato stampa degli inizi di novembre di Charles Lansdorp, nome della floricoltura europea conosciuto anche fra gli addetti ai lavori nostrani, ha fatto un certo effetto nella filiera del fiore reciso italiana. In tale comunicato infatti Lansdorp, nel lanciare un progetto della “Floweracademy.nl” in collaborazione con Chrysal intitolato “I fiori premium meritano un trattamento di qualità”, ha sostenuto, in sintesi, che i fioristi italiani non sono sufficientemente consapevoli e preparati sulla qualità dei fiori, ma se impareranno il «trattamento di qualità» dei fiori premium, questi ultimi potranno mantenere la loro posizione nel mercato italiano. Sottinteso: se non impareranno il trattamento di qualità, il mercato dei fiori premium potrebbe risentirne. Al di dell’esatta interpretazione complessiva del comunicato, esso contiene due tesi esplicite: a) i fioristi italiani non hanno chiara comprensione di molti fatti relativi alla qualità dei fiori recisi, b) i fioristi italiani danno molto peso nei loro corsi alle capacità creative, ma prestano poca attenzione alla cura e trattamento dei fiori
Floraviva ha preso spunto da queste affermazioni per una breve inchiesta fra alcuni esponenti di spicco della filiera del fiore reciso italiana dal punto di vista di Pescia, il cuore - insieme a Viareggio - del distretto floricolo interprovinciale Lucca Pistoia, grazie anche alla presenza del principale mercato di fiori dell’Italia centrale, il Mercato dei fiori della Toscana (Mefit), e di Flora Toscana, cooperativa leader nella commercializzazione di fiori e accessori per il florovivaismo. A cominciare da due importanti floral designer che sono state protagoniste delle dimostrazioni floreali “Christmas Flower Trends”, curate da Diade adv per il Mefit negli ultimi anni. Con gli intervistati si è cercato di chiarire, senza imporre risposte /no a tutte le questioni, i seguenti punti: 1) se i fioristi italiani sono poco preparati (rispetto ad altri, ad esempio gli olandesi) su qualità, conservazione, cura e trattamento dei fiori; 2) se i fioristi italiani privilegiano la creatività della composizione e il design a scapito della qualità della materia prima, il fiore; 3) se queste due presunte tendenze penalizzano il mercato dei fiori premium o d’alta qualità; e, infine, domanda questa non direttamente collegata al comunicato di Lansdorp, ma assai rilevante per la filiera, 4) se i produttori (e i commercianti) italiani sono indietro sull'alta qualità rispetto agli olandesi nel senso che consegnano ai fioristi, ma anche alla grande distribuzione organizzata o specializzata, fiori che sono di livello qualitativo inferiore rispetto ai prodotti commercializzati dagli olandesi. Ecco le loro ricche e diversificate risposte.
mara turra«Ritengo che il fiorista professionista italiano consideri la qualità dei fiori come un fattore fondamentale per il buon svolgimento del proprio lavoro – esordisce Mara Turra, nota formatrice professionale di arte floreale, già vice presidente e direttore didattico della Scuola Internazionale Mastrofioristi -. La qualità dei fiori recisi è definita da fattori qualitativi interni ed esterni. I fattori interni interessano la coltivazione del fiore e di conseguenza la produzione, i fattori qualitativi esterni invece riguardano il grossista e/o fiorista, in quanto permettono di apprezzarne le caratteristiche visive: forme, colore, proporzioni e assenza di eventuali danni provocati da insetti o malattie. Queste qualità sono fondamentali non solo per la resa del lavoro da svolgere ma anche per stabilirne il valore economico di vendita. E’ impensabile che il fiorista italiano non ne sia a conoscenza». Riguardo poi al presunto privilegio assegnato dalla scuole italiane alla creatività compositiva a scapito della conoscenza del fiore, ecco cosa dice: «gestisco e dirigo da 30 anni una scuola d’arte floreale dove il programma del corso base inizia con 32 ore interamente dedicate alla conoscenza, alla cura, alla conservazione e al trattamento del fiore reciso. Il design viene in un secondo momento, quando abbiamo imparato a conoscere e utilizzare il materiale vegetale. I fioristi da noi formati sono indirizzati sicuramente all’acquisto di fiori d’alta gamma in quanto ogni lavoro eseguito è progettato e studiato in ogni suo particolare, a prescindere dal valore economico commerciale. Il problema è quando il fiorista si trova ad affrontare un buon prodotto ad un prezzo troppo alto, questo lo penalizza e a volte lo costringe a fare anche qualche scelta impropria». Infine, sulla qualità delle produzioni floricole, Mara Turra sostiene che «non possiamo negare che il prodotto olandese è tra i migliori, dato da una loro coltura e soprattutto “cultura”, ma non dobbiamo nemmeno pensare che il prodotto italiano sia di bassa qualità. In questi anni ho avuto modo di lavorare presso i nostri mercati nazionali e posso affermare che abbiamo di nostra produzione tanti  prodotti di altissimo livello per la loro qualità esterna e soprattutto per la loro durata». 
daniela pighetti«Essendo alla quarta generazione di fioristi mi posso permettere di dire che in Italia la qualità del fiore è sempre stata di alto livello, grazie a produzioni italiane che erano di elevata qualità, nonostante la grande quantità che veniva prodotta - dice Daniela Pighetti, affermata floral designer nonché docente nei corsi per fioristi di Federfiori -. Negli ultimi quindici anni circa, però, la qualità alla produzione è diminuita. Secondo me per più motivazioni: un minore smercio di fiori, dovuto alla sempre minore cultura del fiore del cliente finale, a causa della svendita del fiore da parte delle onlus, della grande distribuzione che tratta il fiore come qualsiasi altra scatoletta o pacchetto che vende nel suo centro commerciale e delle vendite abusive per le strade e nei ristoranti. Tutto ciò a prezzi molto bassi che rendono il prodotto fiore, all'occhio del consumatore finale, un elemento a cui dare poco valore. Pertanto anche le boutique del fiore si sono viste costrette a diminuire i prezzi alla vendita, dovendo rinunciare alle qualità migliori dei fiori. Questo si è ripercosso sulla produzione che, sempre di più, ha dovuto dirigersi verso qualità inferiori o, in alcuni casi, trovare accordi con gli olandesi a cui vendere e dare l’esclusiva di tutta la produzione della qualità superiore, che viene poi dagli olandesi stessi distribuita in altri stati o addirittura rivenduta in Italia attraverso gli importatori dall’Olanda. Per non parlare dell'aumento delle tasse e delle mancate agevolazioni nella produzione florovivaistica (che invece esistevano in passato)». Riguardo alla seconda domanda, ecco la sua risposta: «nei corsi base di Federfiori la prima cosa che noi docenti insegniamo ai nostri allievi è proprio la pulizia e la conservazione del fiore. E la insegniamo per prima proprio perché riteniamo che senza sapere questo non possiamo lavorare i fiori ed i verdi. Solo in un secondo momento si parla di tecnica di composizione e solo in terza battuta passiamo al design, di cui senza dubbio ne andiamo fieri, in quanto gli italiani sono un popolo di grandi creativi. Ma il design arriva solo al terzo posto». Infine, sulla qualità delle produzioni di fiori recisi italiane rispetto alle olandesi, per Daniela Pighetti «ci sono produzioni di alta gamma che ormai sono esclusive di olandesi, quindi non possono essere vendute direttamente in Italia e poi ci sono piccole produzioni di alta gamma che sopravvivono ancora. Ma non so per quanto, perché c’è un’eccessiva pressione fiscale e i costi di manodopera sono troppo alti. E questo è un settore dove, per quanto si voglia dire, si può meccanizzare fino ad un certo punto. Infatti, proprio gli olandesi stanno andando a produrre in Paesi in via di sviluppo, come l'America Centrale e del Sud, l’Africa ecc., non solo per il clima, ma soprattutto per i bassissimi costi di manodopera».
antonio grassottiAntonio Grassotti, amministratore unico del Mefit, premesso che il mondo dei fioristi lo conosce da interlocutore e non dall’interno, ha sostenuto che, a livello generale, gli pare «poco credibile l’affermazione che i fioristi italiani non siano preparati su qualità, cura e corretto trattamento dei fiori. Se non altro perché è nel loro interesse accontentare i clienti con prodotti di qualità. Un fiorista, se vuole mantenere il cliente, deve essere in grado di gestire la qualità. Sono certo che i fioristi italiani conoscano bene le caratteristiche dei fiori che vendono e che adottino i metodi necessari per mantenerli al meglio». Invece, «sul fatto che i fioristi italiani privilegino un po’ la qualità del design e l’estrosità della composizione rispetto alla valorizzazione delle proprietà dei fiori impiegati in sé stesse, può darsi – afferma Grassotti -. Se si parla di valorizzazione del fiore in sé (e non di conservazione o cura), può essere una tesi in parte vera. Ma questo solo perché i fioristi italiani puntano molto all’artisticità ed estrosità delle composizioni, non per mancanza di conoscenze; e nella convinzione che ciò aiuti le vendite con la clientela italiana». E con questo Grassotti risponde anche alla questione della possibile influenza negativa di tali caratteristiche sulle vendite dei prodotti premium in Italia. «Dopotutto – aggiunge – l’esigenza di esaltare la qualità della composizione è legata anche alla mentalità italiana, che riguarda sia i fioristi che i clienti». Come dire: se i fioristi nostrani lo fanno è anche perché gli appassionati di fiori italiani lo apprezzano. Infine, sulla qualità dei fiori che i produttori italiani, tramite i commercianti italiani, consegnano a fioristi e gdo ecco cosa asserisce Grassotti: «io credo che i fiori italiani non abbiano niente da invidiare ai fiori olandesi. Il fiorista, più o meno a seconda della stagione, ha bisogno di una quota di fiori che, attraverso l’Olanda, arrivano da Paesi con condizioni climatiche diverse dalle nostre, come Colombia, Israele o Cile. Tuttavia ci sono prodotti italiani che non hanno niente da invidiare, ma che anzi sono preferibili, se non sempre sul terreno dei prezzi, certamente dal punto di vista etico, per le condizioni di lavoro in cui sono prodotti da noi e spesso anche per il minore impatto ambientale». 
walter incerpiQueste le risposte puntuali del direttore di Flora Toscana Valter Incerpi. Primo, «i fioristi italiani sono preparatissimi in fatto di qualità e cura dei fiori. Lo verifichiamo quotidianamente presso i nostri cash and carry». Sul 2° punto, il privilegio della composizione rispetto alla qualità del fiore, Incerpi dice che «è un aspetto legato al tipo di clientela finale. Negli ultimi anni il mercato degli “eventi” per i nostri fioristi si è sviluppato maggiormente rispetto al mercato del consumo personale. Per questo sono attentissimi a comprare materiale di grande qualità e molto ricercato nelle varietà e nei colori per poter fare realizzazioni di grande effetto. Realizzazioni che debbono avere il loro massimo splendore per la durata dell’evento che va da poche ore ad un giorno». Ne consegue che sulla possibile penalizzazione dei fiori premium per Incerpi «il rischio è molto limitato. In genere i fioristi quando vendono i fiori o le piante per consumo personale sono anche in grado di dare i giusti consigli al loro cliente». Infine, rispetto alla qualità dei fiori consegnati dai produttori italiani (tramite i commercianti) a chi li vende al cliente finale, per il direttore di Flora Toscana «in questo caso il discorso è un po’ più articolato e complesso e diciamo che in tutto il processo che va dalla produzione al consumo in Italia abbiamo ampi margini di miglioramento sia per quanto concerne i trattamenti post-raccolta che le tecniche di imballaggio, stoccaggio e movimentazione. In molti casi si hanno shock dovuti alla interruzione della catena del freddo dovuti alla esposizione del prodotto in ambienti non condizionati sia durante le fasi commerciali che durante i trasporti. Inoltre spesso non viene posta sufficiente attenzione nella pulizia dei contenitori e si può implementare il corretto utilizzo di sostanze igienizzanti e nutritive per il materiale reciso».
Gabriele SpadoniPassando ai floricoltori, Gabriele Spadoni, produttore di fiori recisi di Pescia e responsabile del gie (gruppo di interesse economico) regionale “Floricoltura” di Cia (Confederazione italiana agricoltori) afferma che in base alle sue esperienze di contatti con i fioristi a livello personale, «la qualità viene ricercata dai fioristi italiani. La qualità, varietà e buona conservazione sono aspetti che vengono richiesti a chi fornisce loro i fiori. Il mercato è infatti sempre più impostato verso prodotti d’alta qualità e il fiorista italiano sta attento alla durata e conservazione dei fiori: non è più il tempo che compravano uno stock di rose e via, adesso stanno molto attenti. Poi, come in tutti i settori, ci sono quelli che lavorano meglio e quelli che lavorano peggio. Infine, sicuramente anche la qualità estetica delle composizioni è di alto livello professionale, in particolare nella nostra zona». Ma per Spadoni quest’ultimo aspetto, l’attenzione all’estetica delle composizioni, non avviene a scapito della qualità del fiore. «Il fiore d’alta qualità – spiega - viene lavorato in modo compatibile con altri fiori, sia in composizioni tutte d’alta qualità sia in quelle che integrano i prodotti d’alta qualità con altri di livello leggermente inferiore. Ho avuto modo di acquistare composizioni per le recenti festività dei santi e dei morti: ottima qualità dei fiori e composizioni ben concepite stilisticamente, con tutti gli accorgimenti possibili per garantire la durata». Infine, riguardo ai fiori recisi prodotti dai floricoltori italiani, Spadoni asserisce che «la ricerca delle nostre aziende è per un prodotto qualitativamente sempre migliore. Su alcune tipologie di fiori, fuori stagione gli olandesi, importando da tutto il mondo e dai Paesi esteri giusti, in alcuni periodi dell’anno hanno prodotti migliori». Perché, spiega con una battuta, «è difficile fare un matrimonio con ortensie italiane a gennaio, oppure la peonia, che ha un’ottima produzione da noi a primavera, in gennaio non c’è, mentre in Olanda si trova, perché le importano da Paesi con condizioni climatiche favorevoli. Ma sulle produzioni di primavera-estate abbiamo aziende che fanno fiori recisi di altissima qualità nel distretto sia a Pescia che a Viareggio. Ottime anche le nostre produzioni per le festività dei morti, sia come varietà che come qualità, e siamo molto competitivi in particolare nei crisantemi».
bruno giudiciniInfine, ecco le risposte ai quattro punti di Bruno Giudicini, presidente di Coldiretti Pescia e produttore di fiori recisi. Per lui è vero che «in Olanda c’è un po’ più ricerca sulla cura, conservazione e trattamento dei fiori, sono più avanti, tant’è che anche noi usiamo i loro prodotti. Però non sulla qualità del fiore in generale, ma solo sulla cura e conservazione». Sul secondo punto, Giudicini dice che «non tutti i fioristi guardano meno alla qualità del fiore e più alla composizione o design floreale. Conosco fioristi che cercano la qualità della materia prima. Però nella grande maggioranza, anche per motivazioni di contenimento dei costi, non sempre i fioristi italiani finiscono per apprezzare a fondo la qualità del fiore. Ad esempio la qualità dei nostri fiori pesciatini». In terzo luogo, sulla eventualità che questi elementi di arretratezza possano penalizzare in qualche modo il mercato dei fiori premium in Italia, Giudicini risponde di non conoscere alla perfezione le dinamiche di vendita, perché «mi confronto più che con i fioristi con i grossisti. Però, a livello di impressione generale, forse un po’ sì». Riguardo poi all’ultima domanda sulla qualità dei fiori recisi made in Italy, per Giudicini «qualitativamente i fiori italiani non hanno niente da invidiare a quelli di importazione. Certo, ci sono categorie di fiori, ad esempio le rose, in cui non si può competere con quelli di importazione per il prezzo e qualche volta anche per la qualità. E un altro vantaggio che hanno spesso i fiori olandesi è dal punto di vista della standardizzazione di confezionamento, con fioriture tutte uguali, lunghezze di gambi, diametri di fiori tutti precisi. Però i fiori di importazione a volte sono carenti dal punto di vista della freschezza, per gli spostamenti dai luoghi di produzione fino a qua. Inoltre i nostri prodotti sono ottimi come durata e bellezza. Ad esempio le nostre calle sono migliori e di una bianchezza ineguagliabile». 
 
Lorenzo Sandiford