Cambiamenti climatici: in Italia si prevedono disastri ambientali

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L’Italia e il bacino del Mediterraneo sono considerati dagli scienziati un hotspot, cioè un'area dove l’impatto dei cambiamenti climatici sarà maggiore e potenzialmente più disastroso. Metà del territorio italiano è infatti a rischio degrado: previsti aridità, fenomeni di desertificazione, uragani, riduzione della biodiversità e nuove malattie clima-sensibili.

Per l’Italia e il Mediterraneo è cruciale rimanere al di sotto degli 1,5 gradi di aumento della temperatura, soglia fissata dagli accordi di Parigi. Nell'area mediterranea le temperature aumentano, infatti, più di quanto avviene in media nel resto del mondo, come ha riportato Stella Bianchi, deputata Pd, nel corso di una conferenza stampa alla Camera con Antonio Navarra e Riccardo Valentini, scienziati dell’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change, organismo scientifico che risponde alla Nazioni unite), Maria Grazia Midulla (Wwf), Pippo Onufrio (Greenpeace), Edoardo Zanchini (Legambiente).
Il rischio è di una “maggiore salinità” (con risalita del ‘cuneo salino’ nei fiumi dalla ridotta portata) e di un innalzamento del livello del mare «dai 7 ai 12 centimetri da 2021 e 2050», una «marcata riduzione dei ghiacciai alpini e impatti sui bacini idrografici», un’esplosione dell’aridità e dei fenomeni di desertificazione, con «la metà del territorio italiano a rischio di degrado». Si parla poi di "medicanes", fusione tra Mediterranean e hurricanes, che testimoniano l’arrivo nel Mediterraneo degli uragani, sinora tipici del Pacifico.
A questi fenomeni vanno aggiunti una riduzione di biodiversità, che nel Bel paese si prevede doppia rispetto a quanto al resto d'Europa, un’alterazione dell’integrità degli ecosistemi marini con arrivo di specie aliene, gravi effetti sulla salute umana con nuove malattie clima-sensibili, come quelle trasmesse da insetti vettori e pesanti impatti sulle città.
Il rateo di crescita delle temperature in Italia è circa il doppio rispetto a quello globale. E’ stato già raggiunto un aumento intorno a 1,3 gradi rispetto al periodo tra 1880 e 1920 con una sostanziale riduzione delle precipitazioni. Le conseguenze: minori precipitazioni nella stagione estiva; tendenza all’aumento dell’ampiezza del ciclo stagionale con inverni anomali e estati con maggiori possibilità di ondate eccezionali di calore.
Con l’aumento delle temperature si registrano poi maggiore salinità e innalzamento del livello del Mar Mediterraneo, con effetti anche sulla circolazione tra Mediterraneo e Atlantico. Per quel che riguarda il livello del mare si rischia un possibile aumento medio dai 7 ai 12 centimetri tra il 2021 e il 2050, rispetto al periodo di riferimento 1961-1990.
L'aumento della temperatura, superiore alla media, porta ad una marcata riduzione dei ghiacciai alpini, che si sono infatti già significativamente ritirati con bilanci di massa generalmente negativi e l’estinzione dei ghiacciai più piccoli. Si riducono di conseguenza le riserve di acqua, con impatti rilevanti sui bacini idrografici montani e sul bacino del Po, sul settore agricolo, idroelettrico e sugli usi potabili dell’acqua.
Ci sono poi l’aridità e fenomeni di desertificazione, legati ad aumento delle temperature e alla diminuzione delle precipitazioni. Tutte le regioni hanno aree sensibili alla desertificazione ma con gradi di intensità e con estensione delle aree interessate diverse: oltre la metà del territorio italiano è a rischio di degrado e le regioni con aree sensibili superiori alla media nazionale sono Basilicata, Marche, Molise, Sicilia, Sardegna, Puglia e Emilia Romagna.
Sul fronte degli eventi intensi si teme un aumento della frequenza di eventi intensi che riproducono caratteristiche tipiche dei cicloni tropicali quali ad esempio la presenza di un occhio centrale relativamente calmo (Medicanes, Mediterranean hurricanes). In forte aumento anche frane e alluvioni.
A tutto ciò si aggiunge una perdita di biodiversità stimata al doppio di quanto previsto a livello europeo, dove arriva al 10%, dovuta anche all’insorgere di malattie e maggiore vulnerabilità agli agenti patogeni e ai parassiti che possono avere maggiore diffusione.

Redazione